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Immagine del redattoreAldostefano Marino

Angelo Fortunato Formíggini, Lezioni di editoria, a cura di Gabriele Sabatini

Affermo soltanto che, quando l'«Ics» venne rumorosamente alla luce, c'era sì l'arte editoriale, l'attività editoriale, c'era l'editore, c'eran le case editrici, le aziende od imprese editoriali, c'erano le edizioni, si diceva che un libro era stato edito, ma di editoria non si era mai fatto parola [...]. Fui io il primo a dire editoria nei congressi librari del mio tempo e a scriverla nell'«Ics»: la parola era così necessaria che entrò subito nell'uso comune trionfalmente, liscia come l'olio, e tutti me ne furono inconsciamente grati. Formíggini A. F., Sabatini G. (A cura di), Lezioni di editoria, Italo Svevo Editore, Roma-Trieste 2022 (p. 166)

Esce oggi 21 aprile, per la case editrice Italo Svevo, una raccolta di scritti apparsi sulla rivista d'informazione bibliografica L'Italia che scrive, composti da Angelo Fortunato Formíggini a partire dal 1918.


Il volume, pubblicato all'interno della Biblioteca di Letteratura Inutile, è curato dall'editor e scrittore Gabriele Sabatini. Un volumetto agile (per lunghezza e dimensioni) e con le pagine ancora intonse, per cui al lettore è lasciato il compito di separarle una per una, contribuendo a rendere unico e strettamente personale ognuno degli esemplari stampati. Chissà se l'editore Formíggini – tanto attento all'aspetto culturale dell'editoria quanto alle sue necessità commerciali – aveva previsto che non solo i volumi non si sarebbero trasformati in libri fotoscopici, con le pagine «ridotte a pochi millimetri [...] racchiusi in tubetti di alluminio simili a quelli in cui i farmacisti vendono certe pillole», ma che qualcuno si sarebbe addirittura prodigato a voler restituire loro una forma antica e ormai in disuso, tuttavia ancora affascinante per i nostri lettori, ché dell'oggetto-libro amano anche il fatto che sia rimasto praticamente identico a com'è stato concepito, senza che mai abbia dovuto piegarsi, in maniera definitiva, a quella velocità tutta tecnologica propria di questi tempi.


Angelo Fortunato Formíggini fu uno dei primi editori italiani, attivo dagli inizi del Novecento fino al 1938, anno in cui, in seguito all'emanazione delle leggi razziali, si tolse la vita lanciandosi dalla torre Ghirlandina di Modena.


Compì il suo ingresso in editoria dando alle stampe La secchia (1908), un libro contenente diversi sonetti inediti di Alessandro Tassoni, unitamente a scritti di suoi contemporanei – il cui tema portante sarebbe divenuto essenziale per l'esperienza trentennale della casa editrice Formíggini: l'arte del ridere.


Poiché se è vero che Formíggini si prefisse di informare la società dei lettori circa il ruolo e i limiti entro cui l'editoria operava, mai separò questa intenzione da un'idea di comunità e aggregazione, attribuendo al riso quella funzione «sociale e umana, argine alla conflittualità e legame ideale fra gli uomini». Infatti, il riso ebbe per Formíggini un ruolo predominante, riscontrabile a partire dall'ideazione dei Classici da ridere e nelle numerose risposte che l'editore inviò a curiosi, lettori e colleghi, scritte su Cartoline di colori differenti, a seconda del messaggio che contenevano.


Sempre proiettato verso il futuro, guidato dal fiuto e dall'intuito, Formíggini si domandava spesso fino a che punto si sarebbe spinta l'editoria. Fa sorridere, come per esempio, nelle sue fantasiose ipotesi, abbia indovinato molte cose, tra cui la trasformazione alla quale i dizionari si sarebbero sottoposti.

[...] i dizionari avranno dispositivi (una specie delle attuali macchina calcolatrici) per ottenere la parola desiderata. La si comporrà su di una tastiera, si premerà un tasto e... trak!... ecco la parola! Formíggini A. F., Sabatini G. (A cura di), Lezioni di editoria, Italo Svevo Editore, Roma-Trieste 2022 (p. 136)

Parallelamente al lavoro portato avanti con la sua casa editrice, la figura di Formíggini è raccontata attraverso la nascita della rivista d'informazione bibliografica da lui fondata, L'Italia che scrive, che intendeva raccogliere in un unico posto la frammentarietà dell'informazione libraria italiana propria di quei tempi.


L'Italia che scrive («Ics») mirava a fornire recensioni di libri, istruzioni editoriali, notizie sui concorsi e premi letterari, per raggiungere i cosiddetti lettori non specializzati e ampliare sempre di più le possibilità di cambiamento ed evoluzione insite nel concetto stesso di cultura.

Agiterà le principali questioni inerenti alla vita del libro italiano in quanto esse sono essenziali alla vita spirituale della narrazione [...]. Si propone inoltre di creare una intesa fra quanti vivono per il libro e lo amano, cioè fra gli autori, gli editori, i librai, coloro che si dedicano alle arti grafiche e infine i consumatori del libro, cioè il pubblico dei lettori. Sabatini G., al capitolo introduttivo di Formíggini A. F., Lezioni di editoria, Italo Svevo Editore, Roma-Trieste 2022 (p. 22)

Altro intento riconoscibile fin dagli albori dell'impegno di Angelo Fortunato Formíggini è portarsi al di là della nazionalità di un inviduo: proposito che persegue fin dal suo secondo lavoro di tesi, concluso nel 1907, nel quale l'editore discute come «ariani e semiti in un passato molto remoto della preistoria fossero uno stesso popolo».


Nonostante Formíggini non potesse ancora prevedere dove si sarebbero spinti il nazionalismo e la discriminazione negli anni bui del nazifascismo, quella lotta fondata su precetti di uguaglianza e libertà avrebbe trovato infine coerenza nel modo pretestuoso in cui l'editore si tolse la vita, proprio nell'anno in cui in Italia furono promulgate le leggi razziali che gli avrebbero negato di esercitare l'unica sua vera vocazione: acculturare e diffondere un'esigenza di cultura, in particolar modo quella veicolata dall'arte editoriale.


Abbattere i limiti che precludono la lettura tra coloro che Formíggini intende raggiungere è dunque il nucleo attorno a cui orbitarono tutte le iniziative proposte e seguite con devozione dall'editore. E infatti, per Formíggini il giusto editore altri non è che un personaggio che vota la propria vita al bene collettivo, che incoraggia l'evoluzione di una società. Lungi da lui, dunque, vedere di buon occhio chi invece si accinge a lavorar coi libri al solo scopo di arricchirsi, strada spesso percorsa, quanto altrettanto deludente, per chi la intraprenda con tali interessi.


Nella collezione degli scritti proposti da Sabatini, l'opera dell'editore onesto si fonda in primis su un desiderio di arricchire chi vi si pone in contatto, e non piuttosto la solo figura di quell'imprenditore che è l'editore.


Formíggini passa in rassegna non solo la punta dell'iceberg del fare editoria, ma anche quella fila di collaboratori e personaggi che orbitano attorno alla letteratura. Spende parole per i collaboratori sbagliati, per quelle personalità riconosciute e acclamate che presentano il tal nome di un autore all'editore, incuranti della validità di quanto proposto.


Assurge in difesa degli editori, davanti al caroprezzi recriminato a gran voce dagli studenti universitari dopo la guerra, ma le quali uniche colpe sono rinvenibili in una politica statale che mai si è prodigata a finanziare e sostenere l'editoria, asso portante dell'evoluzione e del progresso di qualsiasi paese. Difende persino un certo tipo di letteratura nuova, talvolta inutile ma dai numeri facili, stampata solo per continuare a tenere in vita il vecchio.


Rivolge lo sguardo al fenomeno delle fiere letterarie, e non si risparmia di dar suggerimenti ai librai circa l'esposizione dei volumi, i titoli da proporre: esorta spesso i suoi colleghi a esporre solamente i libri stampati nel lasso di tempo trascorso dalla fiera precedente, affinché i visitatori di questi spazi possano sentirsi attratti, e non invece smarriti davanti a una quantità di proposte editoriali non indifferenti. Definisce l'importanza di un buon indirizzario, dei contatti attraverso cui diffondere le proprie pubblicazioni; ribadisce una necessità di far rete, di legarsi attorno a un nobile intento, che si traduce in una maggior presa di consapevolezza nella società, che non riguarda solo i lettori, ma anche coloro che potrebbero diventarlo.


Ogni consiglio o soluzione proposta da Formíggini, però, è sempre dominata dalla necessità di espandere la platea dei lettori: non solo, appunto, per permettere agli editori di poter sostenere le proprie spese, ma per lo scopo insito nell'arte di stampare libri: raggiungere sempre nuove persone.


Ed ecco che, per esempio, anche le biblioteche circolanti, tanto disprezzate da autori come Massimo Bontempelli, diventano un valore aggiunto: perché se Formíggini domanda ai lettori dell'«Ics» se su un piano esclusivamente commerciale, la diffusione di libri in prestito non scoraggi il già ridotto acquisto di libri, da un altro è convinto che, dal momento in cui tali invenzioni raggiungono centri in cui si è già abituati a leggere – secondo ogni strategia commerciale che si rispetti – le biblioteche circolanti contribuiscano a selezionare tra il marasma di pubblicazioni i libri che non si leggerebbero nemmeno gratis, e che l'editore eviterà di ristampare, coinvolgendo chi, magari attratto da libri ritenuti di poco valore letterario, infine si inizi a letture più impegnate.


L'italia che scrive diventa anche luogo di denuncia esposta con toni pacati, rivolta verso certi diffusi modi di fare editoria: i critici e i lettori che richiedono libri gratis con la promessa spesso non mantenuta di recensirli; i collaboratori incompetenti, i sedicenti autori o gli aspiranti tali che pretendono che l'editore abbia tempo da perdere per compilare gratuitamente giudizi e valutazioni su ogni cosa che gli è proposta in lettura – la cui gratuità non sarebbe prevista in altri tipi di consultazioni professionali, come nei casi di avvocati e medici a cui si rivolga questo o quell'altro quesito.


Lezioni di editoria, di Angelo Fortunato Formíggini si consegna come un volumetto destinato sicuramente agli amanti e agli studiosi del mondo editoriale, ma anche a chi, per qualsivoglia ragioni, intendesse avere una panoramica lucida ed esaustiva sulla complicatissima pratica dello stampar libri. E con molte probabilità, di questa decorosa impresa, Formíggini oggi ne canterebbe alte le lodi.





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