Eleonora Marangoni è nata a Roma, si è laureata a Parigi in Letteratura comparata e lavora come copywriter e consulente di comunicazione.
Ha pubblicato il saggio Proust et la peinture italienne (Michel de Maule, 2011), il romanzo illustrato Une demoiselle (Michel de Maule, 2013) e Proust. I colori del tempo (Mondadori Electa, 2014).
Nel 2017 ha vinto il Premio Neri Pozza con Lux.
Ho avuto il piacere e l’onore di chiacchierare con Eleonora Marangoni in attesa dell’uscita di Viceversa, la sua nuova opera in libreria dal 2 luglio 2020.
Cara Eleonora, come stai? Ci siamo conosciuti una giornata di fine maggio un anno fa, quando il tuo primo romanzo concorreva alla dozzina del Premio Strega. Eravamo su una terrazza a Roma, c’era il tramonto, avevi un vestito a fiori lunghissimo e un sorriso smagliante. Le persone potevano incontrarsi senza avere particolari restrizioni o temere qualcosa. Ma ora è evidente che le cose sono cambiate per tutti. Com’è stata per te la quarantena? In che modo si presentano per te questi giorni di transizione? Hai paura di ritornare alla vita che facevi prima?
L’inizio della quarantena è stato complicato: non riuscivo a leggere, scrivere, concentrarmi su niente che non fossero le notizie o i tanti piccoli gesti quotidiani diventati d’improvviso ancora più urgenti e necessari. Poi invece, penso come molti di noi, ho riscoperto la lentezza, un altro modo di vivere e passare le giornate. Non è stato sempre semplice, ovviamente, ma credo davvero che il mondo reclamasse uno stacco, e che sia servito a prendere la misura di alcune cose della vita, delle priorità e dei rapporti umani. Adesso sento tutti correre come e più di prima, e non vorrei ricominciare a farlo! Ho ripreso oggi il primo treno dopo non so nemmeno più quanti mesi. Viaggiavo moltissimo, per ragioni personali e professionali, e vorrei riuscire a farlo meno.
Il giorno in cui ci siamo incontrati mi ricordo che ci siamo abbracciati, io avevo già letto Lux, e di quel libro ne apprezzai la forte ondata di internazionalità e la storia di un uomo che all’improvviso scopre di aver ricevuto una grande eredità che gli cambia la vita. Eleonora, pensi che la vita sia cambiata anche a te, dopo quel premio e la storia di Thomas Edwards?
Senza dubbio. Avevo la fortuna di vivere già di quello che scrivevo a dire il vero (sono copywriter e consulente di comunicazione), ma Lux mi ha aperto una nuova strada, mi ha un po’ cambiato la vita, sparigliando le carte e aprendo nuovi orizzonti. Anche se penso sia “sano”, almeno per me, non dedicarmi solo alla scrittura romanzesca/saggistica. Lavorare come copy, avere a che fare con prodotti, realtà economiche e sociali diversissime tra loro, mi aiuta a restare in contatto col mondo, mi diverte e allena il pensiero verso forme e flussi sempre nuovi.
Il 2 luglio 2021 torni in libreria con un nuovo libro, Viceversa, il mondo visto di spalle. Un percorso attraverso le storie più celebri di figure che «ci hanno voltato le spalle» fin dall’età romana. Dentro c’è tutto: fotografia, pittura, video arte, letteratura, un connubio di arti e sensazioni. In che modo la scrittura di questo genere, il saggio, più vicino alle pubblicazioni precedenti a Lux, si concilia con il romanzo?
Ho iniziato da saggista, quindi per me è un ritorno. Anche se non vedo dicotomia tra la scrittura narrativa e quella di impronta più saggistica: sono solo modi diversi per esprimersi, e credo che di volta in volta proverò a individuare quello più giusto per raccontare quello che voglio raccontare.
DaViceversa emerge evidentemente un tuo amore per il cinema. Anche Lux, d’altronde, è un libro assolutamente cinematografico (e mi domando perché non sia ancora diventato un film, o una serie TV). Che cosa ti affascina del cinema? Chi è il tuo regista preferito e quali sono le ragioni?
In Viceversa si parla soprattutto di pittura e di fotografia. Il cinema è una conseguenza di una visione anteriore, e se il grande schermo tuttora dà grande spazio alla narrazione “di spalle” lo fa per molteplici ragioni che derivano da arti più antiche. Monica Vitti ha raccontato che, la prima volta che si incontrarono, Antonioni le disse: “Ha una bella nuca, può fare del cinema.” Era una provocazione, certo, ma fino a un certo punto. Regista preferito non saprei, sono moltissimi, come i libri, mi viene difficile scegliere. E a volte non sono nemmeno i registi, ma i singoli film a segnarti. Ti cito qualche nome sparso: Agnès Varda, Paul Thomas Anderson, Jean Renoir, Antonio Pietrangeli, Noah Baumbach, Céline Sciamma.
Une demoiselle (2013) pubblicato in Francia dall’editore Michel de Maule, è una storia illustrata liberamente ispirata al Ballo di Irene Nemirvosky. A proposito di autori che hai studiato da vicino e hai potuto approfondire, quali sono i tuoi artisti di riferimento? A quali personalità ti ispiri?
Ogni libro è una storia a sé, davvero. Perché ogni libro è diverso, e nel frattempo tu sei cambiato tra un libro e un altro. Quindi non saprei risponderti con esattezza. Posso solo dirti che di volta in volta gli autori di riferimento non sono mai gli stessi, come anche il modello di libro che hai in mente. Viceversa poi è un caso particolare. È un libro che avrebbe potuto anche non essere un libro: ma una mostra, o un sito, o una serie di documentari sulla tv. Poi la forma è sostanza, ovviamente.
Proust è di sicuro un personaggio che tu conosci a fondo. Ti sei laureata con una tesi su di lui, e hai scritto un’analisi a proposito della rilettura della Recherche attraverso i suoi colori. Alla ricerca del tempo perduto è un’opera enciclopedica che si ha sempre paura di affrontare, concordi? Perché credi che questo succeda? Esistono tanti libri altrettanto lunghi che non incutono il timore che dà Proust. Eleonora, che cosa ha spinto a te, ad amarlo così tanto? C’è stato qualcosa che ti ha portato a scoprirlo o ti sei avvicinata a lui perché ne eri liberamente attratta?
È stato un caso. Era in casa da sempre, l’aveva comprato mia mamma ma poi non l’aveva letto.Io ho iniziato il primo e non mi sono più staccata.Non credo sia un libro per tutti, ma del resto nessun libro lo è. Ma di certo non provare nemmeno a iniziarlo non ha senso. Quindi a chi vorrebbe iniziare la Recherche l’unico consiglio che mi sento di dare è proprio questo: comincia! E se poi proprio non ti parla, non devi sentirti in colpa, ma passare ad altro. Magari prima o poi ci rimetterei le mani sopra, tra qualche tempo. Ma aspettare “il momento perfetto” per dedicarsi a Proust non ha molto senso.
Se con Proust ce l’hai fatta, però, ci saranno anche per te, almeno due libri che vorresti leggere da sempre ma che non riesci a cominciare. Puoi confessarmeli?
Non ho mai letto Infinite Jest, e ho iniziato Guerra e pace ma non l’ho mai finito. I miei mattoni con cui fare i conti sono questi due, direi. Oddio, due dei tanti, di sicuro.
Un’ultima domanda, un suggerimento per chi ci legge. Quali libri leggerai quest’estate? Ne vuoi consigliare tre, leggeri ma in qualche modo importanti?
Due vite, Emanuele Trevi, appena uscito per Neri Pozza. Abbiamo sempre vissuto nel castello, Shirley Jackson, Adelphi. Tutti i racconti di Grace Paley, Edizioni Sur