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Immagine del redattoreAldostefano Marino

Elsa Morante, René De Ceccatty

Aggiornamento: 13 mar 2023

Se c’è stata una cosa tanto ostile a Elsa Morante certamente è stata la spontanea curiosità nei confronti della sua vita. Per tutta l’esistenza, Morante tenne lontani da sé i pettegolezzi e molte delle chiacchiere che (naturalmente) nascevano attorno a lei, una delle autrici più significative del Novecento italiano. Ma erano i suoi libri ciò che Morante avrebbe voluto lasciare ai suoi lettori, più che il mero ricordo di una biografia ingiustamente ritenuta insignificante.


Elsa Morante è stata una donna indipendente, dalla personalità forte e il carattere caparbio. Spesso malgiudicata dagli altri, Elsa non si faceva problemi ad agire secondo il proprio diktat, convinta di aver sempre ragione e raramente disposta a mettersi in discussione. Se potrebbe sorprendere il fatto che un francese abbia voluto scrivere di lei, questo in realtà non deve affatto. Infatti, Moravia – suo marito – fu molto amato in Francia, e di riflesso anche lei, che presto seppe dare al pubblico la grande opera che si attendeva dalla moglie di un grande autore.


René de Ceccatty (1952) è un narratore e drammaturgo francese. Prima di Morante ha raccontato di Moravia, Pasolini e Leopardi. Personalità eccellenti che hanno fatto la storia letteraria del nostro Paese e che spesso son state apprezzate più altrove che in Italia.


Pubblicata in Francia nel 2008, la biografia di Elsa Morante è stata tradotta dalla scrittrice Sandra Petrignani – che fin dalla Corsara e La scrittrice abita qui ha impreziosito i lettori con la narrazione di alcune tra le maggiori scrittrici italiani del Novecento. È interessante osservare come la penna di un francese abbia deciso di raccontare Elsa Morante a partire dalla sua infanzia, laddove si nascondo i segni più evidenti di ciò che sarebbe diventata e avrebbe scritto. Ed è altresì interessante – nonostante non manchi vasto apporto bibliografico – servirsi dell’autorità di Petrignani per affidarci a De Ceccatty – senza dubbio su ciò che ci viene narrato.

La vita privata di uno scrittore è pettegolezzo; e i pettegolezzi, chiunque riguardo, mi offendono. Intervista rilasciata da Elsa Morante a Enzo Siciliano nel 1972

Più volte Elsa Morante ribadì la sua insofferenza a sentir parlare di sé, e più volte de Ceccatty lo ricorda. Dev’esser stato arduo, dunque, tentar di rintracciare informazioni sulla scrittrice, avendo cura di scinderle dai soliti tentativi di depistaggio operati. Ancor più arduo è stato trovare testimoni che, in grado di rompere il patto di silenzio stretto con l’autrice, avessero il coraggio di raccontare particolari e dettagli che prima non conoscevamo. Tuttavia, de Ceccatty non si è fatto intimidire e proprio secondo il dettame morantiano ha dato voce ai fili rossi nascosti tra i suoi libri – tramite cui vien più facile comprendere un personaggio di tale complessità, dilaniato dal dolore.


Perché prima di tutto, a caratterizzare l’esistenza di Morante, è la sofferenza. La sofferenza di esser nata da due padri, quella di un complicato rapporto con sua madre, con i fratelli e la sorella. Ma una sofferenza che è poi anche alla base di tutta la sua opera e del trionfo dell’immaginazione onirica – tecnica che poi sarà ricorrente nei suoi romanzi.


In qualche modo si può dire che, per Elsa, l’immaginazione è stata l’unica via di scampo dalla realtà. Affidata a soli otto anni alla pedagoga montessoriana Maria Maraini Guerrieri Gonzaga, cominciò a scrivere sui suoi quaderni le prime storie infantili. Quei racconti embrionali che rappresentavano l’evidente manifestazione di un genio precoce non son passati inosservati a de Ceccatty, che ne estrae un ritratto veritiero e per alcuni aspetti inedito. Il ritratto di un’artista riconosciuta senza dubbio come la più grande scrittrice italiana di sempre – un termine che a Morante sarebbe stato stretto. Proprio a lei, che per sé avrebbe preferito l’appellativo di scrittore, meno denigrante rispetto a quello di scrittrice – spesso inclini a raccontar d’amore e altri dammi ritenuti frivoli.


Dai primi racconti, De Ceccatty discende per arrivare a quelli più celebri. Ma anche i primi, per quanto abbozzati, si dimostrano importanti, perché furono quelli in grado di prepararle la strada per il successo e la fama a lungo cercati.


Elsa Morante è l’autrice dell’Isola di Arturo, il romanzo Premio Strega 1957 che più di tutti le ha portato la notorietà, della Storia – un libro didascalico diverso dagli altri, ma che tuttavia non offusca la fama della scrittrice ma anzi la esalta. È l’autrice dello Scialle andaluso, uno dei suoi più celebri componimenti brevi, che poi darà il titolo a una raccolta di storie e narrazioni degne di merito. Ancora: è l’autrice di Menzogna e sortilegio, un romanzo di numerose pagine scritto in quattro anni. E di un altro breve poemetto, che nemmeno il suo maggior critico – Cesare Garboli – fu in grado di capire come lei si sarebbe aspettata. Mi riferisco a Il mondo salvato dai ragazzini, un’allucinante narrazione in versi di complessità inaudita, composta sotto l’effetto di droghe durante le lunghe trasferte newyorkesi.


Spesso in giro per il mondo, ora a New York, ora in India – con Moravia e Pasolini -, ora in Unione Sovietica, in Grecia e Cina con Debenedetti, Elsa Morante non smise mai di guardare verso i meno fortunati, i semplici e gli esclusi: i Felici Pochi. Coloro a cui dedicherà un’intera produzione letteraria, i protagonisti dei suoi romanzi: persone sconfitte in partenza ma che hanno tanto da dire – ed è il mondo che li perde.


E mentre i libri si compongono con gran fatica, Elsa viveva e si innamorava. Amava soprattutto uomini impossibili, da cui non otterrà mai indietro l’amore che provava – ma che spesso era inabile a ricevere.

I legami le davano noia, e specialmente le persone. Elsa Morante era una persona fortemente indipendente e quando incontrò Alberto Moravia la loro unione fu benefica. Forse non avrebbe trovato altri uomini in grado di sopportare i suoi sbalzi d’umore, le stranezze, i silenzi: e difatti, tra tutte, la loro fu la relazione più lunga. Una lunga relazione di cui ha scritto un bellissimo libro Anna Folli, che non si interromperà nemmeno dopo la conclusione, e che continuerà a nutrirsi a distanza.


Insieme a Moravia, il meno impossibile dei suoi amori, ci saranno soprattutto giovani omosessuali che non saranno in grado di ricambiarla. Prima il regista Luchino Visconti, poi il pittore suicida americano Bill Morrow. E di una qualche forma d’amore si può parlare anche dell’amicizia tra Morante e Pasolini, cominciata come idilliaca, e destinata a frantumarsi, per una volta a causa di lui – e non di lei.


Una vita interamente dedicata alla letteratura, spesso in bilico tra la necessità di doversi adattare a un pubblico esigente e le ambizioni per le proprie opere. E se la vita privata dell’autrice è piena di incertezze, dubbi e difficoltà, quella dei suoi libri è attesa, immaginata, vagheggiata fin da bambina, e destinata a durare per sempre.

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