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Immagine del redattoreAldostefano Marino

Il mistero di Anna, Simona Lo Iacono

È un libro insolito, «Il mistero di Anna», scritto da Simona Lo Iacono e pubblicato dall'editore Neri Pozza. Insolito perché, tra i tanti modi che esistono di raccontare la vita e i passi di qualcuno, quello utilizzato da Lo Iacono è quantomeno infrequente e originale.


Già il titolo, «Il mistero di Anna», sarebbe piaciuto molto all'autrice a cui è dedicata l'opera: Anna Maria Ortese, ché tanto amava ciò che non appariva chiaro e lineare, e che aveva fatto dell'irrealtà strumento privilegiato per scandagliare e leggere la realtà.





Simona Lo Iacono affida il racconto della vita di Anna Maria Ortese alle parole della giovanissima Anna Cannavuò. Anna ha dieci anni, frequenta la quinta elementare a Siracusa, e proviene da una famiglia molto umile. Una famiglia che fa di tutto per mettersi in mezzo alle sue ambizioni, non per una forma di cattiveria o per un pregiudizio verso la cultura, piuttosto per le condizioni in cui la sua famiglia vessa da quando è nata.


Anna è appassionata alle parole, tra tutte quelle poetiche, perché oltre a essere convinta che nella vita la poesia aiuti a esprimere ciò che il quotidiano non riesce a dire, le parole poetiche funzionano per lei come una casa, un nido, un luogo in cui si può sentire realmente sicura. I suoi genitori, invece, consci della propria condizione, e del tutto lontani da qualsiasi forma di romanticismo – attraverso cui per Anna si dovrebbe vivere la vita – sono spesso allerta e cercano in ogni modo di allontanarla da quei pensieri poetici, che loro definiscono «comunisti» e che Anna Cannavuò è solita fare.


Un'altra cosa che non dico a nessuno è che le parole sono di due misure, la misura libera e la misura oppressa. La misura oppressa è quella delle parole che diciamo per comodità, insomma, per stare con gli altri. Per esempio a tavola: sì, no, grazie, prego. O anche a scuola: certo, maestra. Subito, maestra. Quelle parole che dici perché è educazione. La misura libera invece è quella dei pensieri. Lì la parola è come la verità, devi per forza pensarla nuda e creda, ma una volta che questa cosa l'ho messa nel componimento, il signor direttore mi ha mandato a chiamare, mi ha chiesto se a casa eravamo comunisti. Lo Iacono S., Il mistero di Anna, Neri Pozza, Milano 2022 (p. 38)

Siracusa. Sono gli anni '70 del Novecento quando Anna Cannavuò, per sfuggire alla prigione in cui abitano i suoi pensieri, decide di tenere una sorta di diario.


E proprio durante queste pagine, intrise di tenerezza e narrate attraverso la sensibilità con cui solo i bambini sono in grado di filtrare la realtà, Anna racconta di un'occasione unica che le capita, e a cui lei per prima, così abituata a non guardare in faccia i sogni, non dà molto credito. Il ministero della Pubblica istruzione ha indetto un concorso di scrittura, il quale premio sarà trascorrere una settimana a Milano in compagnia della scrittrice neo-premio Strega Anna Maria Ortese.


Con grande stupore di tutti, la lettera che Anna indirizza alla scrittrice è quella selezionata, e dopo aver scatenato l'orgoglio del padre e di tutta Siracusa, Anna parte alla volta di Milano accompagnata dalla maestra. È un mondo di novità infinite, di treni mai presi, di modi di vivere che non conosce, e non appena arriva nella grande città, la prima cosa che la lascia a bocca aperta è che di «signora Ortese» ne esistono due: Anna, la scrittrice appunto, e Maria, sua sorella, che fin da giovane si è presa cura di lei.


La narrazione si sviluppa nell'alternanza di capitoli che presentano i pensieri delle giornate di Anna a casa di Ortese, e altri in cui una mittente e destinataria misteriosa, R, scambia le sue lettere con la scrittrice. In un salto continuo tra presente e futuro, (tra gli anni Settanta in cui Anna Cannavò vince il concorso e gli anni Cinquanta in cui comincia lo scambio epistolare, per concludersi negli stessi giorni che Anna racconta) Simona Lo Iacono offre un ritratto di Anna Maria Ortese emozionante e curioso.


Anna Maria Ortese nasce il 13 giugno 1914, nella ricorrenza di Sant'Antonio. Viene al mondo a Roma, ma in maniera del tutto casuale, perché sarebbe «dovuta nascere in Lucania, ma la sorte volle così».


Qualche giorno dopo la sua nascita, il 28 giugno dello stesso anno, l'arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie vengono assassinati a Sarajevo. È così che Oreste Ortese partì per la guerra in Serbia, e Beatrice Vaccà, con cinque bambini al seguito e la suocera (nonna Brigida), partì per la Puglia e poi alla volta di Napoli.


Ortese trascorre i suoi primi anni di vita a Napoli, almeno fino alla fine della guerra, quando con la famiglia si recheranno in Lucania, a Potenza. La costante è sempre una profondissima povertà, che di sicuro spinge Ortese a trovare il gioco altrove dai divertimenti che riguardano i bambini e le bambine della sua età. Ma la pace dura poco, e quei momenti più tranquilli, quando la sera i figli si riuniscono attorno al padre a leggere I miserabili di Victor Hugo, sono presto destinati a diventare ricordi. Perciò, dopo le scuole elementari frequentate a Potenza, Anna Maria è costretta a lasciare di nuovo le sue abitudini, e nel 1924, per scampare alla persecuzione degli ebrei, con tutta la famiglia si trasferiscono in Libia, verso la città di Tripoli.


Al rientro dalla Libia, la famiglia si stabilisce nuovamente a Napoli. Ma questa volta, l'impatto con la città è diverso rispetto alla volta precedente.


Più la percorrevo, Napoli, e più mi chiedevo: ma il mare dov'è? Quella parte di Napoli che il mare non bagnava non aveva neanche cielo, era oscurata da panni penzolanti, uomini del pegno con bilancini che pesavano l'oro, residui di torsoli a terra, sui selciati e sul cuore. E poi bocche, tane che erano gli usci delle case, dove un antro si spalancava ad accogliere una umanità rassegnata e rabbiosa. Era una Napoli dove la miseria esaltava la pazzia e la tristezza, in cui i preti cinti da stole rosse passavano benedicenti, facendo colare cera dai ceppi votivi [...]. Quella Napoli brillava di purezza e orrore. Lo Iacono S., Il mistero di Anna, Neri Pozza, Milano 2022 (p. 48)

I genitori iscrivono Anna all'istituto commerciale, ma solo dopo qualche mese lascia la scuola, ormai convinta ad aiutare a casa, a darsi da fare con cose pratiche e materiali che possano risollevare la sorte della sua famiglia. Solo qualche anno più tardi le arriva la «vocazione letteraria», quando uno dei suoi fratelli perde la vita su un'imbarcazione in cui navigava. Da lì, la poesia – come per Anna Cannavuò – si trasforma in un modo per affrontare la realtà, per cristallizzare il dolore e averne traccia, ma anche per guardarsi a tu per tu, con l'onestà e il segreto del foglio bianco. Quella prima poesia si chiamava Manuele, e i suoi versi di amore e nostalgia conquistarono anche il giornale a cui li mandò in lettura: L'Italia letteraria di Pavolini. E fu ancora quel giornale a darle la possibilità di scrivere, quando nel 1936, il posto di direttore venne ricoperto da Massimo Bontempelli che le propose di pubblicare i suoi primi racconti in una silloge, Angelici dolori.


Il successo di Angelici dolori è vasto, ben lontano da ciò che Anna Maria pensava di poter raggiungere.


Da quel momento, Anna Maria Ortese diventa una nuova voce della letteratura italiana. Ora a Venezia per lavorare alla mostra del Cinema, ora a Milano, Roma, a Napoli a scrivere «Il mare non bagna Napoli». fortemente incoraggiata dal presidente della repubblica, Luigi Einaudi; poi di nuovo a Milano, in Russia, a Mosca: la sua esistenza, da quei primi Angelici Dolori, fu un contino viaggio, fatto di treni e lunghi spostamenti per evitare sempre la paura dell'aereo.


Per tutta la vita la scrittrice ebbe tre costanti: in primis la scrittura, sempre pronta a offrirle una realtà diversa da quella che viveva; in secundis sua sorella, Maria, che la accompagnerà in giro per il mondo, pronta a chiedere il trasferimento alla Poste – luogo in cui è impiegata –, a farsi carico non solo dei dolori della sorella e dei continui sbalzi di umore, del suo carattere particolare e un poco scontroso, ma pronta a supportarla anche su un piano economico. Per terzo la povertà che sempre ha accompagnato le abitazioni e il destino di Anna Maria Ortese e di sua sorella, il suo angelo custode. Sarà sempre lei a incoraggiarla, a spronarla verso quel futuro che Anna non crederà mai di raggiungere. Ma ecco che quando Ortese sarà a un passo dal fallimento, dall'abbandonare la propria vocazione, ecco che arriveranno tutti i motivi per cui la sorella aveva scommesso su di lei: primo fra tutti il premio Viareggio con il libro Poveri e semplici, fortemente caldeggiato da Bontempelli, poi i Littorali femminili della cultura.


In questo affrsco rapido e che con lirismo procede verso l'epilogo, la storia di Anna Maria Ortese si mescola a quella della dolce Anna Cannavuò e a quella della destinaria e mittente misteriosa a cui sono indirizzate le lettere cscambitate con la scrittrice.


A far da supporto all'opera di Lo Iacono ci sono le fonti bibliografiche di riferimento, le interviste raccolte, e infine la fantasia del personaggio di Anna Cannavuò «frutto di fantasia, ma vivenente (nella irrealtà, che tanto piaceva alla Ortese, più della realtà)».

Non solo poi di opere si parla, ma anche di amori, di conoscenze e incontri, di viaggi e luoghi che hanno formato il pensiero di Anna Maria Ortese: il grande amore con Mario Venturi (poi direttore editoriale in Feltrinelli), la sua amicizia con Bontempelli e la moglie Paola Masino, l'amore per Sartre e De Chirico, il favore di Moravia per la candidatura al Premio Strega... cosicché fa presto a diventare un'opera che non racconta solo Ortese ma un'intera generazione di scrittori e visionari che hanno fatto della letteratura la propria missione.


Un'opera breve «Il mistero di Anna», che si divide tra finzione e realtà, e che attraverso il genere della biografia romanzata riesce (io lo spero!) a raggiungere quei lettori e quelle lettrici che a Ortese e al suo genio non sono ancora stati iniziati.

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