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Immagine del redattoreAldostefano Marino

L'arpa d'erba, Truman Capote

Ultimato a Taormina nel 1951, L'arpa d'erba di Truman Capote rappresenta un viaggio di iniziazione multipla: il passaggio di stato tra l'età infantile e quella della maturità. Uscito sulla scorta del successo di Altre voci, altre stanze, l'opera fu immediatamente in grado di sbalordire i lettori e le lettrici per la diversità di stile e di atmosfere portate sulla pagina.



Siamo negli anni Quaranta, in un piccolo villaggio rurale nel sud degli Stati Uniti d'America.


Collin Fenwick, orfano di undici anni, prima di madre e poco dopo di padre, vive a casa delle sue bizzarre zie paterne, Verena e Dolly Talbo. Due sorelle nubili, sulla soglia della senescenza, molto diverse l'una dall'altra.

Verena è burbera, molto legata al denaro e tesa solo verso i profitti della sua attività commerciale; intransigente e a tratti crudele nei confronti della sorella, la sua Dollycara. Dolly abita un mondo «tutto rosa» e tutto suo, sempre lontana da tutti e nascosta allo sguardo altrui si tiene impegnata cucinando dolci, e andando in cerca di foglie nel bosco per realizzare una preziosa medicina brevettata di sua iniziativa, per combattere l'idropisia – una patologia caratterizzata da eccesso di liquido nelle cavità sierose e nel tessuto sottocutaneo.


Insieme a loro, nell'abitazione delle sorelle Talbo risiede anche Catherine Creek, la domestica della famiglia, padrona assoluta della cucina, sdentata, che sostiene «di essere indiana, e a questa affermazione molti ammiccavano perché era nera come gli angeli dell’Africa».


Ma il loro equilibrio, già mal assortito e incerto all'esordio, fa presto a vacillare.


Con l'avvento dell'incidente scatenante, una lite tra Dolly e Verena che porta i tre alla fuga, è impossibile che il riferimento a Italo Calvino non venga notato anche da chi non ha mai letto Il barone rampante. Perché come accade al protagonista della novella calviniana, anche nel caso dell'Arpa d'erba, andare a vivere sopra un albero rappresenta l'atto di ribellione, una presa di posizione rispetto alla propria condizione, manifestazione di ambizioni di emancipazione, riscatto e cambiamento.


Nella fuga di Collin però, la rivoluzione, da metafora individuale si fa collettiva: su una casa aerea costruita tra i rami nodosi di due antichi sicomori, trovano rifugio una processione eccentrica di personaggi.


La stralunata Dolly decisa ad affrancarsi dalla propria arcigna sorella; il giudice Cool che non vuole più far ritorno dalla moglie e dai figli; la coppia di coniugi fornai County, il bullo incompreso Riley Henderson, maggiore di soli due anni a Collin Fenwick.


La casa aerea sui sicomori diventa luogo della rivoluzione: qui vi approdano tutti i personaggi della cittadina che hanno deciso di ribellarsi alle proprie condizioni, raggiungendo il bosco per sfuggire alle proprie vita. Contro di loro ci sono gli abitanti più tradizionalisti, coloro che alimentano le proprie certezze su credenze e deliberazioni infondate. La loro fuga, infatti, non può che presentarti come ostile all'ordinarietà del paese: al reverendo e alla moglie che cercano di riportare i cittadini sulla retta via, facendo leva sull'intransigenza di Dio verso chi fugge dalle leggi del comune vivere; allo sceriffo che intende punire e mandare a processo chiunque si rifiuti di opporsi alla legge, a Verena che spinge perché Dolly, Catherine e Collin tornino a casa da lei e si comportino secondo i suoi dettami.


In un concerto di personaggi eccentrici, raccontati dalla voce del giovanissimo Collin, che narra la storia a posteriori, da un punto di vista ormai adulto e disincantato, L'arpa d'erba si fa metafora di un luogo di passaggio tra il momento in cui si desidera qualcosa e quello in cui il futuro si fa presente.


Come nell'Antologia di Spoon River di Lee Master, il lettore assiste a un racconto corale, brevissimo nel suo essere originale, dove tutto, eccetto l'amore e la pietà, soccombe all'inflessibile logorio del tempo.


La rievocazione della memoria personale di Collin, poi, fa in modo che un sentimento di nostalgia accompagni tutta la lettura: che cos'è rimasto dei sogni e delle ambizioni del piccolo Collin? di quel desiderio di riscatto di Dolly e del giudice Cool? Del mondo che Collin ricorda è rimasto solo la casa traballante sui sicomori al confine del bosco, il cimitero con le sue lapidi logorate e spogliate dal tempo, le poche suppellettili corrose dalla polvere. Nulla si salva all’incedere delle stagioni, a parte i sentimenti puri, in grado di albergare quieti nei nelle spirali dell’animo: l'esordio violento di ogni rivoluzione.

Ho letto che il passato e il futuro sono una spirale, ogni giro della quale contiene il seguente e ne annuncia il tema. Forse è così: ma la mia vita mi è sembrata più che altro una serie di circoli chiusi, di anelli che non si svolgono con la libertà di una spirale: per me passare dall'uno all'altro ha sempre comportato un salto, non una transizione invertita. Soprattutto mi turba quell'attimo di siete in cui non si sa ancora dove il salto ci condurrà. Capote T., L'arpa d'erba, Garzanti, Milano 2001 (pp. 121-122)




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