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Immagine del redattoreAldostefano Marino

La vedova, José Saramago

Il 16 novembre di cento anni fa nasceva lo scrittore portoghese José Saramago. Premio Nobel per la letteratura nel 1998, l'editore Feltrinelli ha in corso di pubblicazione tutte le opere del famigerato autore di Cecità – libro oggi più che mai attuale, che indaga sulle miserie in cui vessa l'essere umano e sugli istinti più condivisi (ma meno condivisibili!) dell'intera specie.





La vedova esce per la prima volta nel 1947, esordio letterario di un Saramago ventiquattrenne con il titolo Terra del peccato.


Il testo viene proposto alla vendita tramite un accordo verbale, che a Saramago non garantisce nemmeno una percentuale sui diritti d'autore guadagnati. È un romanzo su cui lo stesso Saramago, solo dopo, avrebbe avuto da ridire.


Frastornato tra la vittoria della pubblicazione del libro e la sconfitta di vedere cambiato il nome di quest'altro figlio, l'autore ha abbassato la testa ed è andato ad annunciare alla famiglia e agli amici che per lui si erano aperte le porte della letteratura portoghese. Non poteva immaginare che il libro avrebbe finito in malo modo la sua poca brillante vita. Realmente, a giudicare dal campione, il futuro non avrebbe avuto molto da offrire all'autore de La vedova. Saramago J., Avviso a La vedova, Feltrinelli editore, Milano 2022 (p. 11)

La vedova, in qualche modo si distacca dalla produzione successiva di Saramago, ma incarna i temi cari all'autore e quell'idea di indagare gli animi e le contraddizioni dell'essere umano.


Nel testo non si ritrova l'originale utilizzo saramaghiano della punteggiatura, né i periodi lunghissimi che procedono con l'aumentare della tensione in romanzi come Cecità o Le intermittenze della morte. È come se La vedova, nel suo essere affine all'intera opera di Saramago, ne prenda al contempo le distanze. Lo stile narrativo della Vedova è più di tipo classico, tradizionale dei romanzi classici, in una sapiente miscellanea di dialoghi e descrizioni.


E se a una prima lettura, La vedova potrebbe apparire come un romanzo meno ideologico rispetto agli altri suoi titoli, in realtà le strade e le riflessioni verso cui la mera esteriorità narrata, l'intreccio, conduce, sono illimitate.


Nella Vedova il luogo privilegiato per la narrazione è la terra natia di José Saramago.


La storia si svolge nella regione del Ribatejo, circondata su tutti i lati da altre terre, e su nessuno di essi dal mare o dall'oceano. Qui la natura è selvaggia, il paesaggio è antico e la vita dei protagonisti procede (così come avanza la storia) insieme all'alternarsi delle stagioni, ai lunghi freddi a cui seguono puntuali le brevi estati.


È in questa landa atavica che Maria Leonor perde il marito e viene sopraffatta dalla gestione della fattoria di famiglia. Una sconfinata Tenuta che per tutta la vita è stata amministrata dal marito, ma che con la sua scomparsa, diventa affare solo della vedova. Dopo esser caduta in una profonda depressione, Maria Leonor decide di affrontare i suoi doveri – anche incoraggiata dal fratello del marito defunto, un medico senza qualità di Porto, e da Viegas, il medico della famiglia, ateo fino al midollo, che la sprona a rialzarsi.


Maria Leonor non può che consegnarsi come un'eroina indimenticabile, forse alla pari della fama di Madame Bovary o della Jezabel di Irene Nemirovsky: da una parte una vittima, e dalla stessa una carnefice. Quasi insensibile ma incline alle passioni, ai moti del cuore; ora bambina terrorizzata, ora padrona austera e intransigente, sempre tormentata più che da sé stessa, da ciò che pensano e fanno gli altri: il marito scomparso, la serva ricalcitrante, il figlio che non vorrebbe più partire a studiare lontano, il prete Cristiano...


Ma alla base della caduta di Maria Leonor non c'è soltanto la scomparsa del marito e i capricci dei suoi figli, Julia e Dioniso, c'è soprattutto la cameriera a servizio da una vita: Benedita.


Tramite Benedita viene affrontato un tema molto caro all'opera, la religione e di conseguenza la fede e gli obblighi che essa comporta, talvolta senza senso. Benedita è devota a Dio, ma della religione incarna soprattutto i lati più spiacevoli: è ossessionata dalla propria dignità, dai giudizi e le voci del paese, dalle preghiere e dalla reverenza. A servizio da innumerevoli anni, della sua padrona Benedita conosce proprio tutto: non solo è sempre pronta a rispondere ai suoi comandi, ma anche fidata confidente e dispensatrice di consigli.


E quando Benedita scoprirà un misfatto che vede coinvolta la padrona, per Maria Leonor le pene saranno ancora più pesanti. Sarà come condannata allo sguardo inquisitorio della serva, alle sue illusioni, ai suoi velati ricatti e la padrona finirà in pericolo, e presa dalle allucinazioni e sul punto di abbandonarsi alla malattia, scampa in esxtremis dalla propria morte.


È proprio nella cura dei personaggi che si intravede ciò che porterà Saramago alla sua affermazione.


Sono pochissimi, il che è un bene: perché sono tutti tratteggiati in maniera molto particolare, e permettono al lettore di prevedere le loro mosse, e di anticiparle, in un certo senso. Ma soprattutto, di ogni personaggio della storia sono raccontati i pensieri, le ossessioni, gli obblighi sociali che li guidano, uno per una, al di là delle proprie ambizioni. Il risultato non può che essere un romanzo che indaga le contraddizioni degli esseri umani, la complessità delle loro scelte, e ciò che separa l'uomo da ciò che vorrebbe essere e ciò che invece, per forza di cose, è chiamato a essere.



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